Privacy, decreto di armonizzazione: La Carica dei 101

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Ho apprezzato il GDPR e la sua chiarezza quanto mi lascia “basito”, scusate il termine non certo da “Accademia della Crusca”, il decreto di armonizzazione 101/2018, cioè quel decreto che dovrebbe rendere compatibile la nostra normativa privacy cioè la legg 196/2003 con il Regolamento Europeo.

Il decreto è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale lo scorso 04.09.2018 ed entrerà in vigore il 19 settembre prossimo.Occorre premettere che il decreto ha avuto un parto alquanto difficile. Già dal mese di marzo erano circolati schemi non ufficiali del testo, che tout court abrogavano il Codice della Privacy ivi compresi i reati in esso contenuti, benchè nel GDPR non sia presente una regolamentazione della materia sotto il profilo penale su cui l’Europa non ha competenza.

A seguito delle critiche espresse da più parti, il Governo ha riveduto completamente la propria posizione, intervenendo in maniera pesante e grossolana sul Codice della Privacy quando era sufficiente una legislazione snella che salvaguardasse alcuni aspetti della vecchia norma non disciplinati dal Regolamento Europeo.

Il risulato, parafrasando Paolo Villaggio, è che il decreto 101/2018 è una “boiata pazzesca” il che determinerà un sicuro aumento del contenzioso.
In primo luogo modifica alcuni reati privacy introducendo il concetto di “larga scala”. Per fare un esempio, se mi approprio illegittimamente di un archivio di medie dimensioni non è reato, se mi approprio di un archivio di dimensioni rilevanti è reato. Ma chi stabilisce la larga scala? Con buona pace della certezza del diritto, la norma è chiaramente incostituzionale.
Alzino poi le orecchie anche i lavoratori perché d’ora in poi il controllo a distanza degli stessi attraverso tablet, pc, smartphone, strumenti di geolocalizzazione etc etc, non sarà più reato con buona pace della “dignità”.
L’art. 171 del Codice della Privacy, infatti non sanziona più la violazione dei commi 1 e 2 dell’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori, ma solo la violazione del comma1 cioè solamente il mancato accordo sindacale o la mancata autorizzazione dell’Ispettorato per quel che attiene gli impianti di videosorveglianza e gli altri strumenti da cui può derivare un controllo indiretto sul lavoratore. (art. 4 comma 1 legge 300/1970).

L’età minima per esprimere il consenso al trattamento è abbassata a quattordici anni rispetto ai sedici anni del Regolamento Europeo, segno evidente che i nostri figli sono più maturi e consapevoli rispetto alla media europea.

Vengono anche mantenute le autorizzazioni generali che dovranno essere riesaminate dal Garante il quale viene chiamato ad un lavoro immane di sof law nei prossimi mesi.

Insomma una norma a dir poco controversa.

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